Una spettacolare e impressionante valanga si è verificata nella mattina del 19 marzo sul Sassolungo, in Val Gardena, a pochissima distanza dalla frequentatissima pista Gran Paradiso. Fortunatamente nessuno è rimasto coinvolto, ma le immagini del fenomeno naturale hanno creato momenti di paura tra gli sciatori presenti.
L’impressionante distacco della valanga sul Sassolungo
Mercoledì mattina, sotto un cielo limpido che rendeva particolarmente affascinante il panorama della Val Gardena, una gigantesca massa di neve si è improvvisamente staccata dalla parete del Sassolungo, uno dei rilievi più iconici delle Dolomiti altoatesine. La valanga, documentata con video spettacolari ripresi da sciatori e turisti in cabinovia e seggiovia, mostra chiaramente il momento esatto del distacco e la sua incredibile velocità nel dirigersi verso valle.
Panico vicino alla pista Gran Paradiso
La massa di neve ha lambito pericolosamente la pista Gran Paradiso, molto frequentata da sciatori esperti e principianti. La scena ha inevitabilmente causato grande apprensione, con un immediato fuggi fuggi generale. Nonostante i momenti di grande tensione vissuti dai presenti, per fortuna nessuno è rimasto ferito.
Artur Schönweger, maestro della scuola di sci Selva, presente sul posto mentre teneva una lezione, ha raccontato: “Ci eravamo fermati ad ammirare la montagna, che oggi è particolarmente bella, col cielo limpido e la neve candida, quando all’improvviso si è staccata la valanga. Era enorme. Per fortuna non ha travolto nessuno, così rimane un bel ricordo di questo spettacolo.”
Le testimonianze video degli sciatori
Diversi video testimoniano quanto accaduto in Val Gardena. Alcuni filmati sono stati girati da sciatori che stavano salendo con la seggiovia, offrendo prospettive uniche e impressionanti del distacco della neve e del successivo avanzare della valanga verso la pista Gran Paradiso. La rapida diffusione di queste immagini sui social ha contribuito a rendere virale l’evento, suscitando sia stupore che timore tra gli utenti.
La sicurezza delle piste in Val Gardena
Nonostante la vicinanza della valanga alla pista Gran Paradiso, l’episodio si è concluso senza conseguenze drammatiche grazie alle misure preventive adottate dagli operatori della Val Gardena. L’area, infatti, è costantemente monitorata, e il rapido intervento del personale addetto ha permesso di evitare pericoli reali per gli sciatori.
Si è conclusa con successo l’esercitazione “Picca d’Acciaio”, una delle attività più complesse e significative condotte dalle Truppe Alpine dell’Esercito Italiano. Per un’intera settimana, circa 300 Alpini della Brigata “Julia” hanno affrontato uno scenario di guerra simulata in ambiente artico, tra le vette innevate del Veneto e dell’Alto Adige.
“Picca d’Acciaio” è stata pensata per testare la resistenza fisica e mentale dei militari in condizioni estreme, ma anche per sperimentare nuove tecnologie militari, equipaggiamenti avanzati e strategie operative moderne. Il tutto si è svolto in un contesto ad alta difficoltà: neve, temperature rigide e terreno montuoso.
Tecnologia avanzata e combattimento simulato
L’esercitazione si è basata su un conflitto a partiti contrapposti, dove la Brigata Alpina “Julia” ha fronteggiato in manovra le unità del 3° Reggimento della Brigata Alpina “Taurinense”, incaricate del ruolo di “forze opposte”.
Il comando dell’operazione è stato affidato all’8° Reggimento Alpini di Venzone, guidato dal Colonnello Lorenzo Rivi, supportato da assetti specializzati del:
3° Reggimento Artiglieria da Montagna
2° Reggimento Genio Guastatori
Reggimento Logistico Julia
Reggimento Piemonte Cavalleria (2°)
Questi reparti hanno messo in campo droni, cingolati, sistemi digitali e strumenti di sorveglianza elettronica, dimostrando l’elevato livello di preparazione e modernizzazione delle nostre forze alpine.
Il sistema “Argo” e la digitalizzazione del campo di battaglia
Cuore strategico dell’esercitazione è stato l’allestimento, in località Valgrande (Comelico Superiore), di un posto comando tattico completamente digitalizzato, dotato del sistema “Argo”, una piattaforma elettronica di ultima generazione per la gestione del campo di battaglia.
“Argo” ha permesso un monitoraggio in tempo reale delle operazioni, una migliore coordinazione tra i reparti e una risposta più efficace alle minacce simulate, riproducendo uno scenario di guerra asimmetrica ad alta quota.
Epilogo a Villabassa e visita dei vertici militari
L’epilogo dell’esercitazione si è svolto nell’area addestrativa di Villabassa, vicino Brunico, dove le unità della Brigata “Julia” hanno condotto una manovra sincronizzata che ha portato alla neutralizzazione delle forze avversarie.
All’evento hanno assistito i vertici delle Truppe Alpine:
Il Generale di Divisione Michele Risi, Comandante delle Truppe Alpine
Il Generale di Brigata Francesco Maioriello, Comandante della Brigata “Julia”
La loro presenza ha sottolineato l’importanza strategica dell’attività, che fa parte del percorso di preparazione per la futura partecipazione della Brigata alla NATO Allied Reaction Force (ARF).
Una sfida vinta tra neve, innovazione e preparazione militare
L’esercitazione “Picca d’Acciaio” ha dimostrato come la Brigata Alpina Julia sia pronta ad affrontare le sfide operative in ambienti ostili, grazie a un mix di tradizione militare alpina e innovazione tecnologica.
“La neve diventa campo d’addestramento, e l’altitudine uno strumento per affinare le capacità operative.”
Le Truppe Alpine dell’Esercito Italiano continuano a essere un’eccellenza nel panorama militare europeo, capaci di operare in condizioni estreme e con grande professionalità.
Il 15 febbraio, intorno alle ore 16:00, una valanga si è staccata da un versante ripido nei pressi del comprensorio sciistico Merano 2000, sfiorando il sentiero escursionistico che dal Rifugio Merano conduce al Monte Spieler. Questo percorso è molto frequentato da escursionisti e sci alpinisti, rendendo l’episodio particolarmente pericoloso.
Secondo quanto emerso dalle indagini, la slavina è stata provocata dal passaggio di tre giovani sciatori del posto, tutti minorenni, che praticavano sci fuori pista (free-ride) in una zona non autorizzata.
L’intervento immediato dei soccorsi e la bonifica dell’area
A dare l’allarme è stato un addetto al soccorso piste, che ha immediatamente contattato la Centrale Unica di Emergenza. Sul posto sono intervenuti i volontari del Soccorso Alpino civile e i militari delle Stazioni del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza di Merano e Silandro, supportati dall’elicottero della Sezione Aerea delle Fiamme Gialle di Bolzano.
Dopo un’accurata bonifica, è stata esclusa la presenza di persone sepolte. I rilievi effettuati dal SAGF (Soccorso Alpino della Guardia di Finanza) hanno rilevato che la valanga si era estesa per oltre 100 metri di lunghezza, con un fronte largo 40 metri. La presenza di tracce sciistiche ha portato subito a sospettare il coinvolgimento di sciatori fuori pista.
Le indagini e l’identificazione dei responsabili
Grazie all’analisi delle telecamere di sorveglianza posizionate nei pressi degli impianti di risalita, le forze dell’ordine hanno individuato tre giovani dotati di attrezzatura da free-ride, saliti in vetta circa 20 minuti prima del distacco. Ulteriori telecamere a valle li hanno ripresi nove minuti dopo l’allarme, lungo una possibile traiettoria di discesa compatibile con la zona del distacco.
Determinante anche il controllo dei tabulati degli skipass, che ha confermato l’identità dei tre ragazzi.
Sciavano mentre i soccorritori cercavano eventuali vittime
Le immagini video successive mostrano come i giovani abbiano continuato a sciare ignorando completamente quanto appena accaduto. Nessuno di loro ha contattato i soccorsi o avvertito dell’assenza di altre persone coinvolte nella valanga, nonostante fossero ben consapevoli del pericolo creato.
“Le nevicate degli ultimi giorni, l’innalzamento delle temperature e l’azione del vento hanno modificato le condizioni del manto nevoso in quota, rendendo più frequenti distacchi naturali o valanghe causate da sciatori imprudenti. La raccomandazione – spiega il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Bolzano – resta quella di studiare attentamente il bollettino nivologico prima di intraprendere una gita fuori pista, di rispettare i divieti apposti dai gestori dei comprensori e di portare sempre al seguito i dispositivi di auto-soccorso, fondamentali per localizzare ed estrarre eventuali compagni di gita travolti, in attesa dell’arrivo dei soccorsi”.
Convocazione in caserma e sanzioni
I tre ragazzi, accompagnati dai genitori, sono stati convocati presso la caserma della Guardia di Finanza di Merano. Davanti alle prove raccolte, hanno ammesso le proprie responsabilità. La loro posizione è ora al vaglio della Procura della Repubblica per i Minorenni di Bolzano.
Nel frattempo, sono stati sanzionati amministrativamente, poiché nessuno di loro portava con sé gli strumenti obbligatori per la sicurezza in montagna: Artva, pala e sonda, dispositivi fondamentali per l’autosoccorso in caso di valanga.
Una vicenda che ha dell’incredibile e che sfida ogni previsione scientifica arriva dal nord della Norvegia. Un turista straniero, travolto da una valanga, è sopravvissuto ben 7 ore sotto circa un metro e mezzo di neve, sfidando tutte le statistiche e le previsioni degli esperti.
Vediamo nel dettaglio questa storia straordinaria e unica, accaduta a Lyngen, nei pressi della città di Tromsø.
La dinamica dell’incidente: scialpinisti travolti da una valanga
Il turista coinvolto nella drammatica vicenda faceva parte di un gruppo composto da tre scialpinisti stranieri. Nonostante l’allerta già diffusa dalle autorità locali sul rischio di valanghe nella zona, il gruppo aveva deciso di praticare attività sciistica nella regione di Lyngen.
Durante l’escursione, una slavina improvvisa ha colpito i tre turisti. Mentre uno dei componenti del gruppo è riuscito fortunatamente a liberarsi autonomamente dalla neve, gli altri due scialpinisti sono stati completamente sepolti. Tra loro, lo scialpinista protagonista di questa incredibile storia di sopravvivenza.
Sopravvivere 7 ore sotto la neve: il miracolo della “sacca d’aria”
L’uomo, di età compresa tra i 40 e i 50 anni, è rimasto intrappolato sotto circa un metro e mezzo di neve, un evento che, nella quasi totalità dei casi, risulta fatale entro pochi minuti.
A spiegare le probabilità di sopravvivenza è Audun Hetland, esperto di valanghe presso l’Università artica della Norvegia, che ha affermato al quotidiano iTromsø:
“Le persone travolte dalle valanghe generalmente soffocano entro dieci minuti. In alcuni casi specifici si riesce a sopravvivere più a lungo, ma resistere per ben sette ore rappresenta un evento quasi unico nella storia delle valanghe.”
Il turista è riuscito incredibilmente a sopravvivere grazie alla formazione naturale di una ‘sacca d’aria’ intorno a lui, che gli ha permesso di respirare, evitando l’asfissia che normalmente si verifica rapidamente.
Come è stato possibile il ritrovamento dell’uomo sepolto
Il ritrovamento dello scialpinista è avvenuto dopo un lungo e intenso lavoro da parte delle squadre di soccorso norvegesi. In particolare, fondamentale è stato il contributo di un cane da soccorso chiamato Whiskey, appartenente all’unità cinofila guidata da Kristian Midtgard.
Midtgard, intervistato dall’emittente norvegese TV2, ha espresso incredulità per l’epilogo positivo di questa delicata operazione:
“È stato davvero sorprendente trovarlo ancora vivo. Tutte le statistiche e la nostra esperienza indicano che dopo così tanto tempo sotto la neve, sopravvivere è praticamente impossibile.”
L’uomo, ritrovato poco dopo la mezzanotte nel territorio comunale di Lyngen, era addirittura cosciente e, incredibilmente, era riuscito in precedenza anche a contattare autonomamente i soccorsi per fornire indicazioni utili sulla propria posizione.
Ancora disperso il terzo scialpinista coinvolto
Nonostante il miracoloso salvataggio dello scialpinista, un membro del gruppo risulta ancora disperso, e le ricerche sono tuttora in corso nella speranza di ritrovarlo ancora vivo.
Le reazioni al “miracolo” di Lyngen
Le autorità locali e gli esperti di valanghe hanno definito l’accaduto come “un autentico miracolo”. Il sindaco di Lyngen, Erik Larsen, intervistato dall’emittente pubblica NRK, ha infatti commentato l’episodio:
“Un autentico miracolo.”
Cosa dicono gli studi scientifici: sopravvivere a una valanga è possibile?
Secondo una recente ricerca pubblicata da Eurac Research, due terzi delle vittime di valanga muoiono per asfissia entro i primi 35 minuti dopo il seppellimento. Rimanere sotto la neve per diverse ore è dunque statisticamente estremamente raro. È proprio per questo che il caso dello scialpinista norvegese rappresenta un evento straordinario e un punto di interesse per studi futuri.
Incidente sugli impianti Lauchernalp: un giovane gravemente ferito
Un grave incidente si è verificato ieri, mercoledì 19 marzo, attorno alle 19:35, presso gli impianti di risalita di Lauchernalp, nel Canton Vallese, in Svizzera. Un dipendente degli impianti, un giovane di 23 anni, è rimasto gravemente ferito a causa di una caduta da grande altezza, provocata dall’improvviso distacco della seggiovia sulla quale viaggiava.
La dinamica dell’incidente: collisione tra seggiovia e cavo di un gatto delle nevi
Secondo quanto comunicato oggi dalla Polizia cantonale, il 23enne stava scendendo verso valle utilizzando la seggiovia Stafel-Gandegg, quando nello stesso momento un altro dipendente era impegnato in lavori di preparazione e manutenzione delle piste con un gatto delle nevi collegato ad un argano.
Per motivi ancora in fase di accertamento, il cavo dell’argano è entrato improvvisamente in contatto con la seggiovia su cui viaggiava il giovane. A causa dell’urto violento, il sedile della seggiovia si è staccato, facendo precipitare il ragazzo da diversi metri d’altezza fino al suolo.
Intervento immediato dei soccorsi e trasporto in ospedale
Subito dopo l’incidente, una squadra di soccorso della Air Zermatt è intervenuta prontamente per fornire le prime cure al giovane ferito, le cui condizioni sono apparse immediatamente molto gravi. Dopo la stabilizzazione sul posto, il ragazzo è stato elitrasportato d’urgenza presso l’Inselspital di Berna, struttura sanitaria specializzata dove attualmente si trova ricoverato in gravi condizioni.
Aperta un’indagine dal Servizio d’inchiesta svizzero sulla sicurezza (SISI)
Per chiarire in modo accurato le cause dell’incidente e le responsabilità eventualmente connesse, il Servizio d’inchiesta svizzero sulla sicurezza (SISI) ha ufficialmente aperto un’indagine. Attualmente gli investigatori stanno effettuando tutti gli accertamenti tecnici necessari per determinare le circostanze esatte che hanno portato alla collisione tra il cavo e la seggiovia.
Nel frattempo, per ragioni di sicurezza e consentire le indagini, l’impianto coinvolto è stato temporaneamente chiuso al pubblico.
Non bisogna nutrire gli animali selvatici. È l’appello diffuso nelle ultime ore dai responsabili del Parco dello Stelvio, dopo che è diventato virale sui social un video girato proprio nell’area del Parco, che mostra una volpe attirata con del pane.
“Ci troviamo in un’area picnic del Parco piuttosto conosciuta – scrivono in un post apparso sui social -. Una simpatica volpacchiotta si avvicina, confidente…sembra affamata. Niente di più naturale che allungarle un bel filoncino di pane bianco preso dal nostro zaino e guardarla addentarlo felice”.
Si tratta però di un comportamento inutile e nocivo per molteplici motivi, illustrati chiaramente dal Parco, che invita gli escursionisti ad “evitare comportamenti del genere”.
“Gli animali potrebbero abituarsi a essere nutriti e perdere la capacità di procacciarsi il cibo – si legge su Facebook -. Potrebbero diventare troppo confidenti, avvicinarsi ai centri abitati mettendosi in potenziali situazioni di pericolo”.
E ancora: “La loro dieta non prevede cibi “da umano”, in questo particolare caso il pane, che potrebbero nuocere loro – concludono dal Parco dello Stelvio -. Ricordiamo quindi che un animale selvatico non ha bisogno di noi per vivere. In caso di incontro limitiamoci ad ammirarlo o fotografarlo”.
“Vista la neve caduta e vista la bellissima giornata di sole prevista per domani vogliamo regalarvi l’ultima sciata di stagione e godervi il sole con la neve allo ZChalet“. A comunicarlo sono i gestori degli impianti di Bolognola. “Saremo aperti quindi domani 19 marzo dalle ore 8.30 fino alle 20. Potete quindi fare le ultime discese di stagione o godervi una bella passeggiata e poi la tintarella marzolina sulle nostre terrazze. Vi aspettiamo anche per l’aperitivo”.
Una terribile tragedia ambientale si è verificata sabato scorso, 15 marzo, sul Monte Catria, nell’Appennino umbro-marchigiano: un intero stormo di fenicotteri rosa si è schiantato contro le rocce e una faggeta della zona a causa del maltempo. Il bilancio finale è drammatico: sette fenicotteri morti e due miracolosamente sopravvissuti.
La dinamica della tragedia sul Monte Catria
Lo stormo di fenicotteri, composto da nove esemplari, stava attraversando l’Appennino probabilmente diretto dal Mar Tirreno verso l’Adriatico, quando è stato sorpreso sabato 15 marzo da una violenta tempesta con raffiche di vento tra i 120 e i 130 km/h. Travolti dal vento forte e dal maltempo, gli uccelli sono stati scaraventati contro la parete rocciosa del Monte Catria, a circa 150 metri dalla croce sulla cima, finendo in una faggeta ad un’altitudine di circa 1.500 metri.
Alcuni escursionisti, trovandosi di fronte a una scena agghiacciante, hanno subito dato l’allarme ai Carabinieri Forestali di Cagli (PU). Questi ultimi, intervenuti prontamente, hanno constatato la morte immediata di sette esemplari, alcuni dei quali già predati dagli animali selvatici che ne avevano nascosto i resti, probabilmente per utilizzarli come scorta di cibo.
Il recupero e le cure per i fenicotteri sopravvissuti
Due fenicotteri superstiti sono stati trovati in condizioni critiche, disorientati e infreddoliti. Dopo essere stati avvolti in coperte termiche, i Carabinieri Forestali di Cagli (PU) li hanno affidati al Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) di Ca’ Girone, a Urbino, unico luogo in grado di assicurare la loro guarigione e il ritorno in natura.
Dopo alcuni giorni di trattamento, le notizie sono incoraggianti: gli esperti confermano che entrambi gli esemplari si stanno riprendendo e verranno liberati quanto prima alle Saline di Cervia, in provincia di Ravenna, area ideale per la loro nidificazione e sosta.
Tra i due fenicotteri recuperati, uno era inanellato con una fascetta riportante la scritta ‘Paris’, rivelando così un’origine francese dell’esemplare e aprendo interessanti prospettive sul monitoraggio delle rotte migratorie di questa specie.
Ipotesi sulla presenza insolita dei fenicotteri nell’Appennino
Secondo gli esperti del CRAS e dei Carabinieri Forestali di Cagli, l’episodio è eccezionale: i fenicotteri rosa sono uccelli tipici di ambienti costieri, lagunari o salini, e la loro presenza sulle alture appenniniche è estremamente insolita. Probabilmente, lo stormo è stato sorpreso dal violento maltempo mentre migrava dall’area tirrenica verso le coste adriatiche, dove si trovano alcune delle principali colonie italiane della specie.
Fenicotteri rosa in Italia: habitat e diffusione
In Italia, i fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus) sono sempre più numerosi. Colonizzano prevalentemente le zone umide come la Riserva Naturale delle Saline di Margherita di Savoia in Puglia, le saline di Priolo in Sicilia, Orbetello in Toscana e il Parco naturale Molentargius in Sardegna.
Questa tendenza è legata alle condizioni climatiche e alla disponibilità di risorse alimentari che il territorio italiano offre durante la primavera e l’estate, periodo in cui i fenicotteri migrano dalle coste africane.
Le difficoltà dei fenicotteri durante il maltempo eccezionale
La tragica vicenda sul Monte Catria evidenzia le difficoltà incontrate dagli animali migratori, soprattutto in condizioni climatiche estreme. Come ha osservato recentemente il CRAS di Ca’ Girone e la Protezione Civile, fenomeni come temporali violenti, vento forte e temperature basse possono mettere seriamente a rischio la vita degli animali selvatici. Purtroppo, i fenicotteri non sono stati gli unici animali colpiti: nelle ultime settimane anche caprioli e lupi stanno soffrendo per la mancanza di risorse alimentari e la durezza delle condizioni climatiche, come confermato da recenti episodi di cronaca.
Caratteristiche del fenicottero rosa
Il fenicottero rosa (Phoenicopterus roseus) è un uccello trampoliere inconfondibile, alto fino a un metro e mezzo, dal lungo collo e zampe sottili. Ha un grande becco rosa e nero utilizzato per filtrare il cibo dall’acqua. La sua famiglia, quella dei Phoenicopteridae, è tra le più antiche tra gli uccelli: alcuni fossili risalgono a circa 30 milioni di anni fa.
Oggi, la popolazione mondiale di fenicotteri è stimata intorno ai 700 mila esemplari, e continua a crescere. In Italia la specie nidifica principalmente in Puglia, Sicilia, Sardegna, Emilia-Romagna e Veneto, con tentativi sporadici anche in altre regioni.
La minaccia dell’uomo e le problematiche ambientali
Nonostante la popolazione globale sia in crescita, secondo il WWF, il fenicottero rosa soffre comunque per il deterioramento degli habitat, l’inquinamento e il disturbo antropico nelle aree di nidificazione. Non sono infrequenti le morti causate da elettrocuzione o da collisione con infrastrutture umane.
La tragedia di Monte Catria, oltre al dolore per la perdita degli esemplari, è anche un monito sulle conseguenze sempre più frequenti di un clima instabile e imprevedibile. Un evento drammatico, ma anche un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della tutela degli habitat
Nascosto tra le spettacolari montagne svizzere esiste un borgo unico, rimasto isolato per secoli e finalmente accessibile grazie a una straordinaria innovazione ingegneristica: la funivia più ripida al mondo. Questo affascinante villaggio è Mürren, un luogo che, grazie a questa moderna infrastruttura, è oggi raggiungibile comodamente in appena pochi minuti.
Dove si trova Mürren, il paese collegato dalla funivia più ripida al mondo?
Mürren è una frazione appartenente al comune svizzero di Lauterbrunnen, situato nel Canton Berna, nel cuore della suggestiva regione montana dell’Oberland. Arroccato a ben 1638 metri sul livello del mare, questo borgo storico offre panorami mozzafiato sulle Alpi Svizzere e si trova ai piedi della famosa cima dello Schilthorn (2970 metri), dominando la vallata sottostante.
Perché Mürren è stato isolato per secoli?
La particolare collocazione geografica di Mürren ha rappresentato per secoli una sfida logistica per i suoi abitanti, circa 430 persone, costretti per lungo tempo a percorrere tragitti faticosi di oltre tre ore sul dorso di un mulo per rifornirsi dei beni essenziali e dei servizi primari.
Soltanto nel 1891 la situazione è leggermente migliorata con la costruzione di una ferrovia di montagna, collegando il villaggio a un paese vicino, ma i collegamenti rimasero comunque limitati e difficili.
Una svolta decisiva arrivò nel 1965 con una piccola funicolare, che tuttavia non risolse pienamente il problema a causa del suo binario unico. I residenti erano ancora obbligati a discendere a valle ogni volta che necessitavano di un medico, un parrucchiere o un dentista.
Come ha dichiarato un residente alla BBC, “Ogni volta che abbiamo bisogno di un medico, un parrucchiere o un dentista, dobbiamo scendere a valle dove molti di noi hanno parcheggiato le loro auto.”
La funivia più ripida al mondo: la Schilthornbahn
Finalmente, nel dicembre scorso, la situazione è cambiata radicalmente grazie all’inaugurazione della “funivia più ripida al mondo”, la Schilthornbahn. Questa straordinaria opera di ingegneria collega Mürren con il vicino borgo di Gimmelwald, rendendo più semplice e veloce la vita quotidiana degli abitanti.
La Schilthornbahn si distingue per una incredibile pendenza del 159,4%, superando nettamente la precedente detentrice del record, la Loen Skylift in Norvegia, con una pendenza del 133%. In soli quattro minuti, la funivia trasporta i viaggiatori lungo la vertiginosa parete rocciosa del Mürrenfluh, regalando panorami straordinari a ben 775 metri di altezza.
Mürren: destinazione ideale per gli sport invernali
Oltre al fascino storico e paesaggistico, Mürren è conosciuto da tempo come un’importante meta per gli sport invernali. Scoperto alla fine del XIX secolo da alcuni appassionati sciatori britannici, il villaggio divenne presto una destinazione privilegiata grazie al suo paesaggio incantevole e alle condizioni perfette delle sue piste.
Oggi, Mürren offre ben 54 chilometri di piste, collegate da una rete efficiente di funivie, funicolari e seggiovie. Durante la stagione invernale, gli appassionati possono persino sciare per 16 chilometri consecutivi dalla cima dello Schilthorn fino al fondovalle di Lauterbrunnen, vivendo un’esperienza indimenticabile.
Moncler ama stupire, e questa volta ha superato ogni aspettativa scegliendo Courchevel, rinomata località sciistica francese, come location d’eccezione per la presentazione della nuova collezione Autunno/Inverno 2025 Moncler Grenoble. Sabato 15 marzo, l’altiporto di Courchevel, famoso per essere l’aeroporto più alto d’Europa, ha accolto sotto una copiosa nevicata un evento fashion spettacolare che ha conquistato ospiti e appassionati.
Perché Moncler Grenoble ha scelto Courchevel?
La scelta dell’altiporto di Courchevel, a 2008 metri di altitudine, non è stata casuale: Moncler Grenoble, linea dedicata agli sport invernali e all’aprés-ski, ha fatto dell’altitudine il suo tratto distintivo, espresso dal motto della collezione: “Altitude as an attitude”. Questo concept racchiude l’ambizione di Moncler nel continuare ad evolversi stilisticamente e funzionalmente, mirando sempre a livelli più elevati.
Dopo la sfilata “da favola” organizzata a Saint Moritz, ispirata al mondo fantastico di Narnia, quest’anno il marchio ha optato per una location altrettanto esclusiva e spettacolare.
Una sfilata sotto la neve: magia ad alta quota
In un contesto scenografico naturale davvero unico, la neve ha avvolto l’intero spettacolo, contribuendo a creare un’atmosfera suggestiva e poetica. Nonostante qualche piccolo inconveniente (come i musicisti dell’orchestra costretti a rimuovere i fiocchi dai loro spartiti), la neve ha aggiunto autenticità e fascino alla performance orchestrale, che ha accompagnato le modelle con eleganza sulle note di violini e strumenti classici.
“Altitude as an attitude”: un evento che vola alto
Tutto l’evento, intitolato “Altitude as an attitude”, è stato anticipato attraverso dettagli esclusivi, come cinture di sicurezza personalizzate Moncler, finestre appannate e biglietti d’imbarco distribuiti agli ospiti nelle loro camere d’hotel, evocando l’idea di una sfilata pronta al decollo verso nuove altezze. La location scelta, l’altiporto di Courchevel, è famosa proprio per essere una delle piste aeroportuali più elevate e suggestive del mondo.
Collezione Moncler Grenoble AI 2025: tecnicità e sartorialità
La collezione Moncler Grenoble Autunno-Inverno 2025 presenta un perfetto equilibrio tra performance tecniche e sofisticata artigianalità sartoriale. Il brand unisce materiali innovativi a lavorazioni preziose, mantenendo una forte identità stilistica urbana e contemporanea anche sulle piste da sci.
Lana trattata con membrane tecniche, per garantire alte prestazioni.
I colori scelti – tonalità neutre di bianco, beige, marrone e grigio, accenti di azzurro, rosso, blu navy e nero – hanno creato un armonioso dialogo con il paesaggio innevato circostante, enfatizzando ulteriormente l’unicità del luogo.
Presenze Vip: i grandi ospiti dell’evento
Non solo moda, ma anche glamour internazionale: all’evento hanno partecipato celebrità di calibro mondiale, tra cui Anne Hathaway, Jessica Chastain, Adrien Brody, Vincent Cassel, Nina Dobrev, Penn Badgley, Brooklyn e Nicola Peltz Beckham, Chloe Kim e Maria Sharapova, Chiara Ferragni, Elisabetta Gregoraci, Michelle Hunziker, tra gli altri.
Presenti anche numerosi brand ambassador di Moncler Grenoble, come Xuetong Cai, Alex Hall, Richard Permin e Shaun White, oltre a Tomohisa Yamashita, brand ambassador di Moncler.
Un tributo al DNA franco-italiano del brand
Moncler ha storicamente un’anima duale, italiana e francese, e la collezione Grenoble lo testimonia chiaramente. Courchevel, infatti, dista poco più di 70 chilometri da Grenoble, città francese da cui prende il nome la linea, luogo dove nacque il brand.
Oggi il marchio italiano, guidato dal presidente e CEO Remo Ruffini, celebra una doppia anima italo-francese in continua evoluzione, con eventi internazionali e progetti ambiziosi che riflettono chiaramente la strategia di crescita del brand.
Progetti futuri e ambizioni globali
Remo Ruffini, CEO e azionista di maggioranza di Moncler, durante la recente conferenza con gli analisti ha mostrato grande fiducia nel futuro: nonostante l’incertezza economica mondiale, i dati economici restano promettenti, con una crescita a doppia cifra nel canale diretto, e ricavi che nel 2024 hanno raggiunto quota 2,7 miliardi di euro.
Ma non solo numeri: Ruffini ha espresso anche interessanti ambizioni future per Moncler Grenoble, svelando progetti futuri che comprendono destinazioni prestigiose come Courchevel stessa, Aspen negli Stati Uniti e persino Niseko, in Giappone.
Tecnologia e innovazione: il futuro di Moncler Grenoble
L’evento è stato l’occasione per svelare anche una speciale tavola da snowboard Moncler Grenoble, realizzata in collaborazione con il campione Shaun White. Questa innovativa tavola presenta caratteristiche tecniche avanzate, perfetta per qualsiasi tipo di terreno, e completa la collezione autunno-inverno 2025 con un tocco distintivo di design e performance.
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