Gli schusspiattisti e l’assurda teoria delle piste piatte dei Mondiali di sci a Cortina

Gli schusspiattisti sono una particolare categoria di spettatori dello sci saliti alla ribalta in questi giorni perché contestano la realizzazione dei tracciati dei Mondiali di Cortina 2021, sostenendo che non sono poi così difficili.

Certo, non ancora un movimento a livello mondiale e così famoso come i terrapiattisti, ma sembra che tali pseudo-amanti dello sci siano in aumento a vedere dal seguito che hanno sui social, dove trovano terreno adatto perché le loro idee possano espandersi.

Chi sono i schusspiattisti?

Così qualcuno li ha soprannominai schusspiattisti, coloro che ritengono che le piste da sci non siano poi così impegnative. Nel mirino sono finiti, appunto, gli “schuss”, cioè un tratto molto ripido di un tracciato che di norma è un passaggio molto tecnico ed importante di una discesa libera.

Una tesi che riguarda molte piste, anche famose, di quelle dove si stanno svolgendo i Mondiali di sci di Cortina, e tra questi tracciati ci sono anche piste come l’Olympia delle Tofane per le donne e la Vertigine per gli uomini. Gli schusspiattisti sostengono che se si guardano bene le immagini trasmesse in tv delle ricognizioni delle telecamere sul casco (che per la Rai di solito sono girate da Daniela Ceccarelli, olimpionica del superG nel 2002 e Max Blardone, ex atleta da 25 podi e 7 vittorie in Coppa del Mondo) i tracciati non sembrano così difficili. Inoltre questi spettatori sostengono che un essere umano non possa affrontare certe pendenze.

Sono quindi intervenuti molti giornalisti ed atleti a spiegare che in realtà le piste sono tecnicamente molto difficili, e che le pendenze sono davvero estreme. Proprio Max Blardone ha dichiarato che gli schusspiattisti sono «Ingannati da un gioco ottico. È dal vivo e non dal divano di casa che ti rendi conto di certe cose». Il telecronista di Sky Carlo Vanzini (che commenta anche la F1 ma che come atleta di sci ha partecipato a due Universiadi negli anni ’90 diventando poi maestro e allenatore) ha ricordato che «la ripresa della telecamera ‘spiana’ il terreno e non dà un’idea corretta al cento per cento dello scenario».

Lo stesso Vanzini, tra l’altro, ricorda che zone piatte e con poca pendenza a Cortina esistono: «Possiamo paragonare quei passaggi a un rettilineo della F1, dove i piloti spingono a 300 e più all’ora: tanti pensano che quello sia un momento duro, invece è una fase in cui un driver può tirare un po’ il fiato. Non deve però distrarsi, sennò rischia di schiantarsi. Lo stesso vale per un discesista: un tratto “piatto” non presenta problemi, ma se prendi una spigolata ti ritrovi nelle reti».

Questo tipo di pensieri negativi ed anomali può combattersi solo con il ritorno del pubblico sulle piste durante le competizioni, cosa al momento impossibile a causa del Covid. Ancora Blardone afferma che «dal vivo e non dal divano di casa che ti rendi conto di certe cose. Solo a ridosso di una pista senti il rumore degli sci sulla neve e quello dell’attrito prodotto dall’impatto dello sciatore con l’aria. E solo lì capisci che cosa vuol dire andare a 150 orari sul salto finale della Streif di Kitzbuehel, dove si assiste spesso a delle cadute.

Insomma, andare direttamente sulla pista è sempre una buona esperienza, perché si capisce come su quelle discese sia quasi impossibile non essere trasportati verso il basso dalla pendenza. Blardone puntualizza che «i critici da salotto dovrebbero anche sapere che certi tratti delle piste della Coppa del Mondo sono preclusi agli sciatori turistici, detto con rispetto. È il caso del muro finale di Adelboden: d’estate è un prato, ma d’inverno non diventa un prato prestato allo sci. Lo preparano infatti solo per il gigante e lo slalom, se lo lasciassero a disposizione di tutti, gli infortuni non si conterebbero. Non lo dico per cattiveria nei confronti di questa categoria di sciatori, ma perché la verità è che non tutto è per tutti».

Per cui il campione azzurro ha un consiglio per gli schusspiattisti: «Li invito a recarsi sul muro dello slalom di Wengen. Se si fermano a metà e girano il braccio a monte, verso il pendio, possono toccare il terreno e la neve: così hanno un’idea di quanto quel punto sia ripido». E se ancora non fossero persuasi, c’è sempre la famosa frase che sempre il mitico Blardù riservò a quel collega che ai Giochi di Torino 2006 lo criticava per il gigante andato male: «Se è così facile e se sei così bravo, puoi sempre scendere tu…».

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