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Sulle piste si può sciare anche a Pasqua

Il manto nevoso è sufficiente per garantire l’apertura degli impianti nel prossimo weekend. Nell’entroterra si tirano le somme di una stagione più che positiva.

USSITA – Un anno tutto d'un fiato. Basterebbe questa frase a riassumere i dati relativi alle presenze turistiche sui monti Sibillini. Con la primavera che ormai sta già offrendo il meglio di sè, e le temperature decisamente gradevoli, infatti, è tempo di tracciare un bilancio della stagione invernale appena trascorsa, per le varie località sciistiche della provincia. Sicuramente è stata una stagione da incorniciare, con tantissima neve su tutte le vette dei Sibillini ed un'offerta ricreativa, da parte dei vari comuni, degna di località ben più blasonate. Un bilancio, quindi, che non può che essere considerato ottimo e che sembra destinato ad offrire ancora qualche soddisfazione. Gli sciatori più accaniti, infatti, non hanno ancora dovuto rinunciare a praticare il loro sport preferito, visto che la neve è presente ancora in quantità tale da permettere discese agli appassionati. Ad ussita, ad esempio, si è deciso di mantenere aperti gli impianti sciistici nei fine settimana, almeno fino a quando sulle piste ci sarà abbastanza neve. Di certo, quello che è accaduto quest'anno farà da stimolo a quanti avevano in progetto di investire sul potenziamento degli impianti, e permetterà di affrontare spese importanti con lo spirito giusto. Anche tra ristoratori, albergatori ed operatori commerciali di queste zone, si avverte una certa soddisfazione, dovuta al ritorno in massa dei turisti sulle montagne dell'entroterra maceratese. Un via vai di persone che, visto come stanno le cose, sembra destinato a non conoscere alcuna tregua. Se si considera, infatti, che mancano solo pochissimi giorni alle festività pasquali, e che moltissime persone decideranno di trascorrerle nella natura incontaminata dei Sibillini, il numero delle presenze sembra solo destinato a salire. Si passerà, dunque, dalla possibilità di sciare a quella di godersi i percorsi di montagna tra il verde e la fioritura primaverile. Il tutto senza alcuna pausa, per la gioia di chi, come già detto, ha già scelto di investire sul potenziamento dell'offerta turistica per queste zone. I presupposti per fare conto su una stagione estiva ricca di presenze, infatti, sembrano esserci tutti, soprattutto alla luce degli importanti numeri fatti registrare nel 2005, con i Sibillini che si sono rivelati tra le mete più ambite del popolo vacanziero. Come molti ricorderanno, l'anno scorso furono le località di mare a soffrire di un notevole calo di turisti, mentre per la montagna è stata una stagione di grandi numeri. Natura e piccoli borghi ricchi di storia, sembra essere questo quello che cerca, adesso, la gente e, sicuramente, è proprio questo quello che i Sibillini possono offrire. La speranza, dunque, è quella di ripetersi ancora, per bissare un'annata tutta d'un fiato. e.pi. Fonte Corriere Adriatico

Specialita’ Sci Alpino

La discesa libera è sicuramente la più spettacolare specialità presente nella rosa dello sci alpino. I discesisti si lanciano senza alcun timore dalla partenza all’arrivo “a uovo”, ovvero in posizione raccolta, ricercando la massima aerodinamicità: tentano di individuare le traiettorie più brevi e incisive ai fini del tempo di gara e lasciano correre gli sci per creare il minor attrito possibile con la neve, raggiungendo velocità a volte superiori ai 120 km/h. Il dislivello della pista nelle gare maschili varia dagli 800 ai 1100 metri, per quelle femminili dai 500 agli 800 metri. Prima della gara è indispensabile partecipare alle prove cronometrate sul tracciato per constatarne la consistenza e la duttilità.

 

Il super-g può essere paragonato ad una via di mezzo tra la discesa libera e lo slalom gigante. Le gare di supergigante maschile si svolgono su un dislivello che varia dai 500 ai 650 metri. Quello delle gare femminili varia invece dai 400 ai 600 metri. Il tracciato è segnalato con porte blu e rosse che, per le gare maschili devo essere almeno 35, 30 in quelle femminili. Spettacolare quasi quanto la discesa libera, è leggermente più “lento” a causa della dislocazione più precisa delle porte che costringe l’atleta ad affrontare numerosi cambi di direzione e di pendenza alle volte anche a velocità abbastanza sostenute.

 

Nello slalom gigante le porte sono collocate in posizione più ravvicinata rispetto a quelle delle prove veloci, ed è quindi necessario un grande controllo degli sci e rapidità nell’eseguire i continui cambi di direzione. Il dislivello tra partenza e arrivo varia dai 300 ai 450 metri per la parte maschile, per le gare femminili dai 300 ai 400 metri. La gara si disputa in due manche sulla stessa pista, ma tracciate in maniera differente. Il numero delle porte si ricava dalla percentuale tra l’11 e il 15% del dislivello relativo. In particolare sono in numero compreso tra 56 e 70 per gli uomini e tra 46 e 58 per le donne. durante la seconda manche l’ordine di partenza è fissato in base all’inversione dei primi 30 classificati nella prima, o in casi particolari dei primi 15 classificati.

 

Nello slalom speciale, la più lenta fra le quattro discipline, ma anche quella che richiede in modo determinate la prontezza di riflessi per affrontare gli innumerevoli cambi di direzione, il dislivello della pista può variare dai 180 ai 220 metri per la prova maschile, dai 140 ai 200 metri nella prova femminile. La gara si svolge in due manche sulla stessa pista ma con differenti tracciati, seguendo le stesse modalità dello Slalom Gigante. Le porte del tracciato devono essere comprese tra un numero di 55 e 75 per gli uomini e tra 40 e 60 per le donne. Molto strette tra loro, impegnano l’atleta in agilità e destrezza per evitare l’inforcata. Le piste delle gare di slalom sono piuttosto ripide, con neve molto dura, spesso ghiacciata artificialmente.

La combinata è determinata dall’unione di una discesa libera e uno slalom speciale. La classifica viene stilata in base alla somma dei tempi finali delle due prove. Questa specialità esalta le doti di polivalenza dell’atleta, in quanto si gareggia tra due discipline agli antipodi fra loro.

Glossario Snowboard

3D
Geometria di bloccaggio utilizzabile sia con attacchi soft che hard . Il fissaggio avviene attraverso 3 viti (sistema Burton).

4X4
Sistema di bloccaggio degli attacchi sia soft che hard . Il fissaggio avviene attraverso 4 viti (sistema universale).

AERIAL
Salto con rientro effettuato sulla sponda di un half pipe.

ANGOLAZIONE
Posizione degli attacchi rispetto all’asse trasversale della tavola.

ANIMA
Eemento che costituisce la parte interna della tavola , sostenendo le due superfici esterne, quella superiore e la soletta . Legno : è il materiale principe per la costruzione delle tavole , è quello che meglio risponde alle caratteristiche di elasticità , di reazione , di risposta e di durata . Purtroppo è anche il più costoso , per qusto tutti sono alla ricerca di materiali e sistemi di costruzione alternativi.
Materiali Compositi : Schiume , PU , iniettati , sono tutti materiali usati per rimpiazzare il legno , uniti a vari sistemi di costruzione .Anche se per ora il legno rimane il migliore dei materiali , anche con i materiali compositi si ottengono egregi risultati.

ASIMMETRICO
Il lato front e quello back di una tavola non sono speculari rispetto all’asse longitudinale.
Esistono asimmetrie di forma con le sciancrature spostate rispetto all’asse longitudinale. Asimmetrie di sciancratura con tavole simmetriche in tutto tranne che nelle due sciancrature , una è più profonda dell’altra, tipicamente quella back . Infine esistono asimmetrie totali sia per forma che per sciancratura.

ATTACCO
Accessorio che fissa lo scarpone alla tavola; può essere a guscio per scarponi soft , e a piastra per scarponi hard.

BACK SIDE
Quando lo snowboarder è in appoggio sulla lamina corrispondente ai talloni degli scarponi.

BASELESS
Tipo di attacco adatto solo con scarponi soft . Prevede che lo scarpone appoggi direttamente sulla tavola, senza una base con disco graduato.

CANTING
Inclinazione dello scarpone verso il centro della tavola.

CAP
Tecnologia costruttiva che utilizza l’abs superiore per avvolgere i lati della tavola: il perimetro della superficie si congiunge con la soletta coprendo così il profilo dell’anima senza però formare una scatola di torsione vera e propria. E’ una tecnologia di costruzione “economica”.

CONDUZIONE
Si effettua quando la tavola procede senza slittamenti laterali.

DIREZIONALE
Tavola con assimetria rispetto l’asse trasversale passante per il centro –tavola , realizzata specificatamente per avanzare in un senso piuttosto che nell’altro.

DISCO GRADUATO
Disco inserito all’interno dell’attacco con tacche di riferimento che indicano l’inclinazione assunta.

DUBLE-KICH
Tavola con punta –coda rialzate ma non simmetriche.

FAKIE
Conduzione della tavola effettuata con la coda rivolta verso la direzione di avanzamento.

FIANCO
Profilo laterale della tavola : comprende le lamine e il perimetro della superficie superiore.

FLEX
Rigidità della tavola in senso longitudinale ; varia a seconda della disciplina per la quale la tavola è stata progettata , e dal peso del surfista ; più la tavola ha flex , più reattiva è sotto i piedi del rider.

FRONT SIDE
Quando lo snowboarder è in appoggio sulla lamina corrispondente alla punta degli scarponi.

GRAFITE
Materiale utilizzato nelle solette che , associato in polvere al polietilene sinterizzato , migliorano la scorrevolezza su certi tipi di neve.

GOOFY
Lo snowboarder che tiene il piede destro sistemato avanti.

HALF PIPE
Rampa a forma di mezzo tubo realizzata in neve compatta sulla quali realizzare manovre freestyle.

HARD
Tipo di scarponi dotati di scocca rigida esterna , simile a quelli utilizzati nello sci.

INCLINAZIONE
E’ il movimento che provoca della presa di spigolo . Si ottiene generalmente inclinando il corpo all’interno della traiettoria di curva.

LAMINA
Realizzata in acciaio , costituisce il perimetro della soletta.

MONOSCOCCA ( MONOCOQUE )
La funzione portante è affidata a una o più scatole di torsione realizzate tipicamente in fibra di vetro contenenti l’anima Sotto a questa scatola vengono applicate soletta e lamine , sopra la serigrafia L’anima in questo tipo di costruzione è realizzata in materiali poveri o riempitivi , poiché la funzione portante è affidata alla scatola di fibra . Tipici di questa struttura sono i fianchi svasati.

NEOPRENE
Materiale plastico , morbido e impermeabile , utilizzato per la realizzazione delle imbottiture degli scarponi da snowboard.

P-TEX
Politilene sinterizzato; è un materiale plastico antiattrito utilizzato per la realizzazione delle solette (economiche…).

PAD ANTISCIVOLO
Gomma adesiva o altro materiale ruvido da posizionare tra i due attacchi per favorire l’aderenza tra scarpone e tavola nelle risalite sugli impianti.

PASSO
Distanza tra gli attacchi, si stabilisce in funzione dell’altezza del rider.

PONTE
Parte di tavola compresa tra punta e coda .Per ponte si intende anche il valore della distanza tra soletta e piano di appoggio della tavola.

PRESA DI SPIGOLO
E’ l’angolo formato dalla lamina dello snow e la pista.

RAGGIO RADIALE
Valore che indica l’entità della sciancratura misurato come il raggio di un a ideale circonferenza cui appartiene il profilo laterale della tavola.

REGULAR
Lo snowboarder che tiene il piede sinistro sistemato avanti.

ROCKER
Rialzamento della coda rispetto alla superficie della tavola.

ROUNDER
Forma arrotondata di punta e coda della tavola.

SANDWICH
Tutti gli elementi della tavola sono impilati come in un panino ,partendo dal basso tipicamente si ha : soletta , lamine , strato di fibra di vetro (carbonio in quelle più pregiate) , anima , altro strato di fibra di vetro e serigrafia . L’anima è tipicamente di legno o altri materiali compositi.

SCIANCRATURA
Curvatura dei fianchi della tavola ; maggiore è la sciancratura più strette sono le curve che la tavola è in grado di compiere . Il valore della sciancratura è indicato come il raggio radiale. Esistono diversi tipi di sciancrature , circolari , arretrate , a raggio variabile, ellittiche.

SCOOP
Rialzamento della punta rispetto alla superficie di scorrimento.

SHAPE
E’ la forma della tavola : a seconda di come è la forma della tavola , essa si adatta ai diversi usi.

SIMMETRICO
La tavola è simmetrica rispetto al suo asse logitudinale.

SOFT
Tipo di scarponi morbidi senza scocca rigida esterna.

SOLETTA
Superficie di scivolamento della tavola realizzata generalmente in materiale antiattrito generalmente polietilene o materiali simili al teflon. Estrusa Il polimero viene sciolto in lastre , durante la fusione si perde l’ordine molecolare ,quindi si ha un coefficiente di scivolamento minore ,questo procedimento produttivo ha dei costi ridotti ma fornisce anche prodotti efficienti ma non competitivi. Sinterizzata Le lastre vengono ottenute incidendo i cilindri di materiale vergine , mantenendo in questa maniera l’ordine molecolare e garantendo un maggiore coefficiente di scivolamento .Il numero che segue indica la densità molecolare , tanto è più elevato migliore è la soletta.

SPATOLA
Punta della tavola nella zona di contatto con la neve.

SPOILER
Sostegno posteriore degli attacchi soft ; può essere hi , medium oppure low a seconda della sua dell’altezza.

SQUARE
Forma squadrata della coda della tavola.

SQUARE – ROUDED
Code dalla foggia ibrida , nate dalle combinazioni di un coda arrotondata con una squadrata.

STANCE
Posizione degli attacchi , e quindi del rider sulla tavola.

STEP-IN
Attacchi a chiusura automatica.

STRAP
Fascia che serve a fissare lo scarpone sugli attacchi soft.

SWALLOW
Coda della tavola a forma di coda di rondine , utilizzata sulle tavole destinate all’utilizzo in neve fresca.

TALLONIERA
Elemento dell’attacco a piastra che serve a fissare il tallone dello scarpone.

TORSION BOX
Struttura scatolare interna , che contiene l’anima della tavola e che ha la funzione di garantire una maggiore rigidità torsionale.

TWIN TIP
Punta e coda sono simmetriche rispetto all’asse trasversale del centro tavola usare la tavola in una direzione piuttosto che nell’altra è indifferente.

LARGHEZZA
Determina la rapidità di inversione di spigolo , ovvero il tempo che passa nel cambio di lamina tra una curva e l’altra . Non sembra possibile ma pochi centimetri cambiano radicalmente questo tempo fatto di una frazione di secondi . La larghezza determina anche la stabilità che si ha , ovviamente maggiore è più stabile . La larghezza va scelta in base alla misura dei piedi , gli angoli che si adottano e il tipo di scarpe usate. Deve essere tale che la punta e il tallone del piede posteriore , quello meno angolato , sporgano leggermente . Normalmente sono indicate tre larghezze: coda , centro lamina , e punta ( per punta e coda si intende per inizio e fine della lamina di contato dove la tavola è più larga ).

LUNGHEZZA CODA
Va da dove finisce l’appoggio della soletta quando la tavola è appoggiata su un piano fino alla fine della tavola . Maggiore è la lunghezza più e facile andare in fakie ( di coda ) e allo stresso tempo rimane più maneggevole e più facile da condurre . Per contro una coda cortissima se non ha una coda ‘’sqaured ‘’ è molto più precisa e incisiva.

LUNGHEZZA LAMINA
Indica la lamina che appoggia sulla pista e determina la tenuta di una tavola sul manto nevoso , maggiore è la lunghezza maggiore è la tenuta , se è troppo lunga la tavola diventa difficilmente manovrabile ,se questa è troppo corta l’asse diventa instabile e difficilmente controllabile.

LUNGHEZZA PUNTA
E’ il pezzo di tavola tra l’estremità anteriore della tavola e il punto di inizio di contatto della soletta .Maggiore è la lunghezza meglio la tavola galleggia in neve fresca , per contro rimane ingombrante nelle manovre aeree tipo le rotazioni.

LUNGHEZZA TOTALE
Indica la lunghezza di tutto il pattino ovvero la lunghezza che si ha a disposizione da appoggiare sulla neve fresca unita alla larghezza determina la galleggiabilità , più è lunga meglio galleggia.

Specialita’ Snowboard

POWDER
“Surfare” in piena libertà nella neve fresca, in Powder, come dicono gli americani, offre sensazioni uniche e impagabili. È però indispensabile conoscere e saper prevenire le insidie che cela la montagna.
È dunque di vitale importanza non avventurarsi mai in fuoripista soli: è preferibile farsi accompagnare da una guida locale. La neve infatti nasconde crepacci e rocce; esistono punti di accumulo che possono scaricare al primo passaggio, magari a pochi metri dalla traccia consueta. È importante informarsi sulle previsioni meteorologiche e avere con sé sia l’attrezzatura sia l’abbigliamento adatto. Sarebbe consigliabile disporre anche di un rilevatore da valanga.


HALF-PIPE

È la disciplina principe del Freestyle, ispirata alle gare di Skateboard sia per le figure eseguite sia per l’architettura della struttura. I Riders si affrontano a colpi di Air su due manche di qualificazione e una fase finale alla quale accedono i sedici migliori atleti. Vengono premiate la quantità di manovre eseguite, lo stile, l’altezza delle uscite e la sicurezza degli atterraggi. La giuria è composta da 5 giudici più un capo giudice.


SLALOM SPECIALE

È una delle specialità più spettacolari:
si corre al limite dei decimi e dei centesimi di secondo. Conta soprattutto la rapidità con la quale si effettuano i movimenti e, dunque, esige grande agilità per poter invertire velocemente lo spigolo e destrezza nella scelta delle traiettorie più veloci. Uno contro l’altro, anche qui si disputano due manche.


SLALOM GIGANTE

In questa specialità per designare il vincitore viene disputata una sola manche. Nel caso il numero dei concorrenti sia elevato, viene disputata una prima fase di qualificazione alla finale. In genere partono 50 uomini e 30 donne. Nel caso di due manche si inverte l’ordine di partenza dei primi 16 uomini e delle prime 8 donne.

SLALOM PARALLELO
I concorrenti scendono due per volta, su tracciati paralleli, uno sulla pista rossa a uno sulla blu. La gara prevede due manche, a tracciati invertiti. Sino ai trentaduesimi di finale passano il turno i trentadue atleti con la migliore somma dei tempi. Dai sedicesimi in poi vale l’eliminazione diretta, sempre su due manche, e per somma di tempi. In caso di parità si disputa lo spareggio.

BOARDERCROSS
Il Boardercross, conosciuto anche come Boarder e abbreviato con la sigla BX, è una spacialità in grado di siddisfare sia i Riders amanti dell’hard, sia i sostenitori del soft.
All’inizio conosciuto come Derby, aveva partenza di gruppo, lungo un pendio non delimitato da porte e passagi difiniti, o anche Banked Slalom, con paraboliche e piccoli salti, ma con partenze singole. IL Boardercross che si pratica oggi prevede una partenza a quattro, con gli atleti che escono insieme dal cancelletto. Ci sono però delle eccezioni, come, ad esempio, alcune gare negli USA, gli “X-Games”, dove si parte in 6, oppure il super-Boardercross, con partenza a 10.I percorsi classici durano dai 30 secondi al minuto, per ogni Run o batteria. Sono previsti salti singoli o doppi, che si possono superare in sequenza o in volo, Whoops (gobbe), curve paraboliche e ostacoli di altro genere, come strettoie, tunnel o spartitraffico. Oltre a qualificazioni a tempo, in caso di un elevato numero di iscritti, superano il turno solo i primi due concorrenti di ogni batteria. L’ordine di partenza è definito da un sorteggio, tenendo però conto delle teste, ovvero gli atleti con il miglior punteggio BX, iternazionale e nazionale.
Il Boardercross non è una dissiplina pericolosa, ma e l’uso del casco e di protezioni specifiche propio per il fatto che ci sono tanti atleti presenti nello stesso momento.
È una disciplina sempre più praticata e il suo successo è destinato ad aumentare.
È una gara che si gioca molto sul piano del contatto fisico, come il Motocross, dal quale ha tratto molti spunti. Spesso i sorpassi sono effettuati in curva o sui salti, dove si cerca di sbilanciare l’avversario per riuscire a conquistare la traiettoria più redditizia o meno penalizzante. II Boardercross offre la competitività tecnica dello Slalom parallelo e la creatività del Freeride.

Esercizi per lo Sci

Secondo le statistiche ufficiali, solo l’anno scorso, sono stati oltre 20.000 gli incidenti avvenuti in montagna.
Lo stesso studio, ha evidenziato che più di un terzo degli eventi traumatici, sono imputabili ad un’inadeguata preparazione fisica dello sciatore.

Molti, infatti, hanno la pretesa di svolgere (nel migliore dei casi!), un’attività motoria blanda per tutto l’anno e poi, durante la settimana bianca, trasformarsi in atleti professionisti e sciare tutto il giorno per diverse ore, senza accusare problemi di nessun tipo.
Se vi è andata bene una volta, non significa che la spunterete sempre.

Eppure lo “snow training” può essere divertente, se affrontato con il giusto spirito ed un’allegra compagnia.
I corsi propongono “esercitazioni” studiate in modo tale da preparare il fisico gradualmente e giungere sulle piste innevate in condizioni muscolo tendinee invidiabili, consentendo un controllo del movimento ottimale, assaporando in tutta libertà, le emozioni provocate dalle “discese”.

Una buona preparazione muscolare, non è utile solo al sedentario o allo sciatore poco più che principiante.
Anche ai discesisti più avanzati ed ai forzati dello sci, un ciclo d’esercitazioni specifiche, aiuta a gestire autonomamente i movimenti e scendere esprimendo la miglior tecnica a disposizione.

Perché i risultati siano apprezzabili, lo “snow training” deve iniziare almeno un mese prima del periodo previsto sulla neve, meglio se vi affidate a centri specializzati che abbiano le attrezzature necessarie ed istruttori competenti.
Scegliete la palestra che offre corsi differenziati, che suddivide i gruppi in modo omogeneo.
Età, grado di preparazione psicofisica, tipo di sciatore, ecc… sono elementi che non vanno trascurati, onde evitare il rischio di sovraccaricare il fisico o al contrario, proporre routine troppo semplici e non allenanti.
Per quelli che sono impossibilitati a frequentare corsi specifici per mancanza di tempo, per scomodità, per pigrizia, ecc. ecco alcuni facili esercizi che potrete eseguire al vostro domicilio, in qualsiasi momento, da soli o in compagnia del proprio partner.

  • Prima di cominciare è necessario effettuare un adeguato riscaldamento che condizioni il fisico agli esercizi di potenziamento che seguiranno. Corsa, salti alla funicella, step (scalino di casa), cyclette, ecc. l’importante è cominciare lentamente, mantenendo un’intensità blanda per circa dieci, quindici minuti.
  •  Stretching. Di fondamentale importanza sono gli allungamenti, meglio insistere sugli arti inferiori. Anche in questo caso cinque, dieci minuti possono bastare.
  • Accennare delicati movimenti rotatori di collo, spalle, polsi, bacino, anca, caviglie, ecc. Cinque, dieci minuti al massimo.
  • A questo punto, siete pronti per affrontare la parte centrale con esercizi di potenziamento vero e proprio, dedicati agli arti inferiori. Affondi laterali, affondi frontali, addominali, sono facilmente eseguibili da tutti in base alla preparazione individuale. Venti, trenta minuti.
  • I più esigenti, possono inserire sedute di corsa, che consentono di allenare in modo più specifico l’apparato cardiocircolatorio. In questo caso, meglio due sedute a settimana, una di fondo lento (corsa lunga a ritmi blandi, ad esempio 30’ – 40’ – 50’) e la seconda d’intervall training (dopo adeguato riscaldamento, effettuare piccoli allunghi in progressione di velocità, ad esempio 5 volte 400metri, recupero 2’ camminando).
  •  Stretching. Ancora di maggior importanza, allungare i muscoli coinvolti a fine seduta. Circa quindici, venti minuti.
  • Per gli amanti dello Snow Board sono consigliabili esercizi che migliorano l’equilibrio. Le tavolette propriocettive, sono facilmente reperibili e indicate allo scopo. Dieci minuti.

Esercizi per lo Snowboard

Sta per arrivare l’inverno e non vi state allenando per lo snowboard?
Ecco come prepararsi a secco in attesa di tornare sulla neve.
Lo snowboard comporta l’impiego di tutto il complesso organico dell’individuo.
Un allenamento specifico è importante perché prepara i muscoli e l’apparato cardiovascolare a tollerare gli sforzi, a esaltare il rendimento e aiuta a evitare infortuni.
Con la guida di istruttori qualificati, è necessario potenziare le capacità condizionali (forza, velocità, resistenza, flessibilità) e coordinative (equilibrio, ritmo, orientamento spazio-temporale), seguendo un determinato programma di allenamento.
Durante il periodo di transizione tra la fine di una stagione e l’inizio della preparazione per quella successiva è utile dedicarsi ad altre attività (tennis, nuoto, trekking) che consentono di mantenere un certo livello di fitness, così da evitare traumi alla ripresa dell’allenamento specifico per lo snowboard. Questa fase deve cominciare 8-10 settimane prima di tornare sulla neve.
Bisogna aumentare la propria capacità di lavoro, puntando a un incremento progressivo della quantità e della intensità del carico.
Si deve tendere a sviluppare: la resistenza e la potenza aerobica con corsa, step e bicicletta; la forza muscolare con esercizi a corpo libero e con i pesi; l’ agilità con esercizi di equilibrio; la mobilità con lo stretching; la velocità e la resistenza anaerobica con delle serie di scatti brevi effettuati in corsa e recupero incompleto della fatica tra uno scatto e l’altro.
Particolare attenzione, poi, va rivolta allo sviluppo della forza esplosiva e della reattività.

Fondamentali sono gli esercizi pliometrici che mettono in condizione il sistema neuromuscolare di affrontare dossi, ammortizzare buche ed eseguire in rapida successione movimenti di front-side e back-side.

L’ALLENAMENTO PLIOMETRICO
Consiste nel sottoporre un distretto muscolare, principalmente i muscoli estensori delle gambe, a una azione di stiramento (quando il muscolo si allunga) seguita immediatamente da uno sforzo di tipo concentrico (quando il muscolo si accorcia).

In questo modo la muscolatura estensoria, quando è sottoposta a stiramento in stato di tensione, accumula una certa quantità di energia che utilizza nella contrazione successiva, aumentando così l’intensità.
La fase di stiramento, però, deve essere brevissima, perché, altrimenti, la maggior parte dell’energia si disperderebbe sottoforma di calore e non sarebbe disponibile per la seguente azione concentrica.
Gli esercizi pliometrici più comuni sono quelli caratterizzati da salti verso il basso da una certa altezza, seguiti da un immediato rimbalzo verso l’alto o verso l’avanti.
L’altezza ottimale di caduta dipende, ovviamente, dalle capacità di ogni singolo individuo ad ottenere i migliori risultati in altezza o in lunghezza e, mediamente, si aggirano tra i 45 e i 55 cm.
Nell’ambito di una seduta di allenamento sono sufficienti 6-7 serie di 5-6 ripetizioni ciascuna, con un buon margine di recupero (2-3 minuti) tra le serie.
Una valida alternativa ai salti in basso per l’incremento della forza esplosiva è rappresentata dai balzi, che possono essere realizzati in tre modi: balzi alternati: rimbalzo rapido e potente passando dal piede destro a quello sinistro; balzi successivi: rimbalzo rapido e potente sullo stesso piede; balzi “a rana”: partendo dalla posizione di semiaccosciata con il ginocchio flesso a circa 90° e i piedi pari si esegue una rapida estensione in avanti-alto, ripetendo in successione continua.
Perché l’allenamento con balzi sia proficuo è necessario che in una singola seduta se ne compiano almeno un centinaio suddividendoli tra i tre tipi che conosciamo, in serie di 10 ripetizioni ciascuna, sempre con tempo di recupero attorno ai 2-3 minuti.
Una volta sulla neve, il nostro corpo deve essere in grado di rispondere alle richieste di stabilizzazione che le articolazioni, tramite i muscoli, ci richiedono.
Specifici recettori, sensibili agli stimoli che vengono trasmessi dall’esterno, sono in grado di informare i centri motori responsabili della posizione e dell’atteggiamento del corpo e delle sue parti. Contemporaneamente, regolando e distribuendo adeguatamente il tono muscolare, ci permettono di eseguire correttamente qualsiasi tipo di movimento.
La ginnastica propriocettiva, utilizzando attrezzi instabili, ci aiuta ad affinare questa capacità, ad abituare il nostro corpo a situazioni di disequilibrio alle quali porre rimedio velocemente.
Gli esercizi più consigliati sono quelli illustrati nelle foto: rimanere in equilibrio sulla tavola di Freeman assumendo la posizione di sciata; cercare di mantenere un pallone in equilibrio sopra un altro tenuto con le mani; eseguire gimcane camminando su attrezzi instabili (palla medica morbida, mezze sfere di legno, la stessa tavola di Freeman).
Molti pensano che certe qualità si possano allenare solo con la pratica specifica dello sport.
Questo è vero, ma è altrettanto vero che una preparazione effettuata a “secco” mette in condizione chiunque di poter praticare al meglio una disciplina come lo snowboard.
Facilita l’apprendimento dei principianti e aiuta chi è già esperto a migliorare il rendimento.

Storia del Telemark

L’origine etimologica del termine sci proviene dal settentrione europeo, precisamente dalla Norvegia dove ski sta ad indicare un ceppo ricavato dalla parte più stagionata del tronco e, per estensione, gli sci.Basandosi su incisioni rupestri e reperti archeologici, gli studiosi fanno risalire l’invenzione degli sci ad un’epoca compresa fra il 4000 e il 2500 a. C. e li situano nelle terre settentrionali della penisola scandinava e della regione russa, fra il Lago Onega e il Mar Bianco.Nei paesi scandinavi lo sci era usato come mezzo di trasporto e locomozione. Per questo motivo l’attacco doveva essere mobile per facilitare la scivolata sulle immense distese di neve tipiche di quei Paesi. La tecnica fondamentale consisteva nell’odierno passo alternato dello sci di fondo. Lo sci diventava poi motivo di incontro e di sfida nelle giornate di festa: si gareggiava prevalentemente nel fondo e nel salto dal trampolino.Verso la metà dell’800 Sondre Norheim, falegname della regione Telemark, sperimentò vari sistemi di rallentamento e di cambiamento della direzione, utilizzando l’appoggio su un unico bastone, una variante del quale è la frenata a raspa. Sempre dalla Norvegia, giunge il suggerimento per la tecnica di curva e frenata in velocità costituita dal movimento a Telemark con il quale i saltatori nordici concludevano il salto.Nasceva così la possibilità di affrontare anche le discese, fino ad allora tabù, e questo consentì la diffusione del Telemark anche in quelle zone prive di grandi distese pianeggianti, come le Alpi. In seguito, l’assenza dei tratti in piano caratteristica del territorio norvegese, insieme all’esigenza di sviluppare le attrezzature per raggiungere maggiori velocità, indussero il bloccaggio del tallone: lo sci da fondo diventò così da discesa, dando vita allo sci alpino. Si gridò alla morte del Telemark, che in effetti scomparve dalle Alpi, rimanendo però ben radicato in Norvegia, dove qualche anno fa venne rivalutato da alcuni sciatori americani, i quali ne apprezzarono soprattutto la versatilità: con un’unica attrezzatura si può fare fondo, discesa, sci alpinismo e anche il salto. Inoltre grazie al tipo di scarponi si può camminare molto comodamente.Il Telemark, si prepara a riconquistare lo spazio che merita nel panorama di un mondo dove la tecnologia e le novità hanno preso il sopravvento, producendo attrezzi sempre più sofisticati, località sempre più all’avanguardia e addirittura piste al coperto.

Storia dello Sci Alpino

Nell’ambito non agonistico l’utilizzo degli sci risale a molti anni fa, introdotto principalmente come mezzo di trasporto e locomozione nelle zone nevose; per assistere alle prime gare, tuttavia, si è dovuto attendere fino a quando, a metà dell’Ottocento, Sondre Nordheim rivoluzionò lo sci facendone uno sport. La FIS (Federazione Internazionale Sci) è sorta nel 1924, e le prime Olimpiadi invernali rivolte a questo nuovo sport si sono svolte nel 1936 a Garmisch-Partenkirchen in Germania. Ogni anno, dal 1967 in poi, si tiene la Coppa del Mondo di sci, mentre i Campionati del Mondo venivano svolti ogni quattro anni in alternanza con le Olimpiadi invernali. Dal 1985 in poi, i Mondiali si svolgono ogni due anni. In Italia lo sci è gestito dalla FISI (Federazione Italiana Sport Invernali) che si occupa anche di tutte le discipline che hanno a che fare con la neve e la stagione invernale.Dalla metà degli anni settanta lo sci alpino è divenuto uno sport molto seguito e praticato. In America e in Europa sono state costruite numerose stazioni sciistiche attrezzate per ospitare decine di migliaia di turisti e appassionati che, a seconda delle loro capacità tecniche, praticano lo sci e seguono da tifosi gli eventi agonistici. Le località montane più famose ospitano infatti gli appuntamenti annuali della Coppa del Mondo oppure hanno talvolta ospitato la sede delle Olimpiadi e dei Mondiali.L’evoluzione dello sci alpino è stata sicuramente influenzata negli ultimi anni dai progressi che la ricerca tecnologica ha ottenuto nel migliorare le prestazioni sia di uomini che di materiali. Sia nelle discipline veloci sia in quelle tecniche, le attrezzature, dagli sci agli attacchi alle tute, hanno determinato cambiamenti sostanziali nella tecnica di sciata degli atleti: ad esempio, alla fine degli anni Settanta il passaggio dall’uso di paletti fissi per segnare le porte del tracciato nello slalom e, in misura minore, nel gigante, ai paletti snodati ha completamente modificato il modo di affrontare questi passaggi, un tempo aggirati dallo sciatore e da quel momento in poi più sbrigativamente scostati con un gesto dell’avambraccio, con un notevole vantaggio nella scelta della traiettoria più stretta e più veloce. Allo stesso modo, la composizione chimica delle scioline è divenuta spesso determinante per il successo di una gara, soprattutto nella discesa libera, dove la maggiore o minore scorrevolezza dello sci sulla neve si concretizza in decimi di secondo di vantaggio o di ritardo.

Storia dello Sci di Fondo

Lo scialpinismo è l’origine dello sci stesso perché, fino alla nascita delle stazioni invernali con impianti, prima del secondo conflitto mondiale, per scendere occorreva salire con pelli di foca o cordini applicati alla soletta. Tra gli anni Settanta e Ottanta è esploso come sport, restando però fenomeno di nicchia. Oggi lo scialpinismo è nuovamente alla ribalta e quello competitivo sta riscuotendo successo, come dimostrano gare quali il Pierra Menta e il Trofeo Mezzalama.Marcel Louis Kurz (Neuchâtel 1887-1967), personalità poliedrica, fu valente musicista, esploratore, ma soprattutto fu il pioniere dello ski-alp moderno. Lavorò dapprima per l’Istituto Topografico Federale Svizzero e poi come libero professionista. Appassionato della montagna invernale abbracciò subito la nascente moda dello scialpinismo e, con i rudimentali mezzi di allora compì importanti imprese. In particolare, nel 1907, salì per la prima volta con gli sci il Gran Combin. Fra il 1907 e il 1920, spesso con gli sci, ascese tutti i quattromila del Vallese. Fu anche autore brillante di guide alpinistiche fra cui la celeberrima “Guide des Alpes Valaisannes”.La sua opera fondamentale resta tuttavia il libro “Alpinisme hivernal”, nel quale egli ripercorre la storia dello scialpinismo partendo dalle origini per arrivare fino alle grandi traversate. Il libro fu stampato nel 1923 e fu per tutti gli alpinisti del tempo un testo illuminante e per certi versi rivelatore. “Alpinisme hivernal” segnò il definitivo affermarsi dello scialpinismo e la consacrazione di quell’epopea alpina che vide, come scrisse lo stesso Kurz, una “seconda conquista delle Alpi”: quella effettuata nella stagione invernale.Fra le più celebrate imprese dell’alpinista elvetico si ricorda la traversata del massiccio del Bernina con partenza e ritorno in giornata all’Ospizio del Passo del Bernina. Da questo edificio, che avevano raggiunto con il trenino del Bernina, il giorno 29 dicembre 1910 Marcel Kurz e Rudolf Staub partirono per compiere la fantastica cavalcata che nel prodigioso tempo di 13 ore e mezza li portò a compiere il primo periplo sciistico del massiccio del Bernina. L’impresa, con tanto di relazione tecnica, è brillantemente riportata in “Alpinisme hivernal”.E’ inoltre da attribuire un grande contributo allo sviluppo dello ski-alp ai contrabbandieri di metà secolo, che grazie alla loro scelta di vita potevano presentarsi alle gare con un certo allenamento e ogni volta alzare il livello, destinato ad una svolta negli anni 70-80 con personaggi come Ugo De Gasperi e Giovanni Majori e a giungere alle stelle negli anni 90 grazie ad un’attrezzatura più leggera ed alla rivoluzione Greco-Meraldi.

Storia dello Snowboard

Non è facile stabilire chi sia stato il primo ad inventare lo snowboard. La gente di montagna ha sempre avuto la necessità di spostarsi sulla neve, e di trasportare carichi con la minor fatica possibile. I contadini in inverno scendevano a valle con la slitta, in estate trasportavano il fieno su appositi slittoni giù per i prati. Possiamo dire comunque che lo snowboard attuale è nato negli Stati Uniti. Deriva quasi certamente dal surf da mare, a sua volta originario della Polinesia in Oceania e delle Isole Hawaii nel Pacifico. Fu addirittura il grande navigatore ed esploratore James Cook, alla fine del ‘700, ad osservare gli indigeni polinesiani mentre si facevano trasportare dalle onde sulle canoe e su lunghe tavole di legno.

Prototipo di surf da neve 1929, il proto-snowboard
Il primo esempio documentato di rudimentale snowboard risale al 1929, quando Jack Burchett, un costruttore di slitte, tagliò un pezzo di legno piatto con dei lacci di stoffa per i piedi. Un’altra documentazione certa risale a circa trent’anni dopo: nel 1963 Sherman Popper, un ingegnere chimico, per far giocare i suoi figli inventò un attrezzo che battezzò snurfer. Popper unì due sci con l’intento di riprodurre un attrezzo simile al monosci, che all’epoca stava diffondendosi tra gli sciatori più spericolati. Si accorse però che i suoi ragazzi salivano sulla tavola di traverso, proprio come i surfisti da onda.

L’antesignano dello snow moderno
Popper prese allora un surf da onda e lo elaborò montando dei bordi metallici e progettando un attacco per la scarpa. L’attrezzo ebbe un grande successo tra gli amichetti dei suoi figli. Quindi registrò il nome e cedette i diritti alla ditta Brunswick che incominciò a produrre in serie lo Snurfer. Queste tavole giallo-nere di legno compensato fecero il giro degli Stati Uniti e una di esse arrivò tra le mani di Jack Burton Carpenter che, allora quattordicenne, cominciò ad elaborare lo Snurfer per migliorarne le prestazioni agonistiche. Nel 1969 un ingegnere di New York, D. Milovitch, anch’egli ispirato dal surf d’onda, costruì alcuni prototipi di tavole da neve e ne registrò il brevetto con il nome di Winterstick. La leggenda narra che l’idea gli venne dopo aver “surfato” sulla neve, per scherzo, con dei vassoi da mensa. Quelle di Milovitch furono costruite dapprima in legno resinato, ma così erano troppo fragili: utilizzò allora un’anima schiumata racchiusa tra laminati in fibra di vetro e con base in P-tex, un nuovo materiale. Per un certo periodo le cose andarono molto bene e i suoi attrezzi ebbero una grande notorietà grazie ad articoli pubblicati su Newsweek, Playboy e Powder.

Snowboards anni ’80
Milovitch andò però incontro ad enormi spese di produzione che ne impedirono il decollo commerciale: le tavole risultarono troppo costose per invogliare le masse ad affrontare l’avventura dello snowboard. Milovitch produsse tavole fino agli anni 80, quindi abbandonò l’attività anche se la Winterstick, dopo vari problemi finanziari, riuscì a sopravvivere. Anche Jack Burton nel 1977 iniziò a produrre surf da neve. I suoi modelli somigliavano molto allo Snurfer di Popper: si differenizavano per il fatto che erano stretti come un monosci, costruiti in legno di acero laminato e con gli attacchi di gomma regolabili, muniti di una superficie antisdrucciolo. Con un nuovo prototipo Burton sorprese tutti vincendo molte gare. Decise così di trasferirsi a Londonderry, nel Vermont, per dedicarsi appieno al suo business. Nel ’79 disegnò gli attacchi tipo strap. Nello stesso periodo Popper interrompeva la produzione tornando al suo lavoro di ingegnere.

Anni 80, la svolta di Jack Burton
Un altro personaggio iniziò l’avventura nel mondo dello snowboard contemporaneamente a Burton: Tom Sims. In realtà egli era un produttore di skatebord, lavorava nel suo garage con l’amico Chuck Barfoot. Sims provò ad incollare dei pezzi di tessuto sopra il legno e usò un foglio di alluminio come soletta. Sims tuttavia continuò a concentrarsi sulla produzione di skateboard. La svolta decisiva arrivò ancora una volta da Jack Burton: ispirandosi alla tecnologia dello sci, introdusse nel 1980 un prototipo con soletta in P-tex, strati di legno laminato e lamine. Nel Vermont nel 1982 si organizzò il primo campionato nazionale americano: la gara consisteva nel partire dalla cima di una montagna e arrivare in fondo, possibilmente interi. La leggenda narra che un certo Bob Boutin abbia raggiunto la folle velocità, per l’epoca, di 100 km orari con una tavola Backhill. Nei primi anni ’80 erano pochissime le stazioni di sci che accettano lo snow. In alcune si richiedeva una specie di esame per poter accedere agli impianti e scendere sulle piste, con il quale si doveva dimostrare di avere una buona padronanza dell’attrezzo. Il primo prototipo di attacco moderno è del 1984 grazie ad un personaggio che non avrà il riconoscimento che meritava: Jeff Grell. Egli mise a punto un tipo di attacco che facilitava molto la guida della tavola, e che in seguito sarà imitato da tutti.I campionati americani si spostarono a Stratton, nel Vermont, e diventarono gli U.S Open. Jack Burton aprì ad Innsbruck, in Austria, la divisione europea Burton. Nelle edicole americane apparvero due importanti riviste del settore che diventatorno in breve il punto di riferimento degli appassionati: Snowboarder e successivamente Absolutley Radical.

Esplode la mania
Un altro episodio importante nella storia dello snowboard accadde nel 1981, quando due riders americani della Winterstick, che si trovavano a Les Arc in Francia, vendettero una tavola ad un certo Regis Rolland, il quale a metà degli anni ’80 produsse il primo video-film di snowboard intitolato Apoclypse Snow, che diventerà una pietra miliare del genere. Il film provocò una specie di contagio, una diffusione a macchia d’olio dello snowboard in tutta Europa. Nel 1989 si svolse a St. Moritz-Livigno il primo contest di snowboard in Europa in collaborazione tra ISA (International Snowboard Association) e la PSA (Professional Snow Association) due movimenti che unendosi daranno poi vita alla ISF (Federazione Internazionale Snowboard), che è tuttora l’organizzazione più vicina alla realtà dello snowboard. Con la diffusione crescente di questo sport migliorarono le tecnologie, i materiali. Nel 1994 lo snowboard raggiunse la definitiva consacrazione entrando a far parte degli sport olimpici. Nel 1996 un altro celebre video contribuì alla popolarità di questo nuovo sport: Subject Haakonsen. Nel 98 lo snowboard, con tutte le sue discipline, approdò ai giochi olimpici di Nagano in Giappone. In Italia, oggi, il successo di questo sport è testimoniato da più di 100 club e da oltre 1600 soci.